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Solo il fondo può salvare la pensione

di Salvatore Padula

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29 marzo 2010
Solo il fondo può salvare la pensione

Giovedì sarà il primo giorno da "ex" per molti lavoratori dipendenti e autonomi. Il 1° aprile, infatti, si apre la finestra di pensionamento sia per chi ha raggiunto i requisiti per la vecchiaia, sia per chi ha maturato un'anzianità contributiva di 40 anni. A conti fatti, per un lavoratore dipendente di 65 anni che si trova in quest'ultima condizione, l'importo lordo della pensione potrà arrivare fino all'80% dell'ultimo stipendio, quota che – al netto di contributi e di imposte progressive che incidono meno – supererà anche il 90% . Che cosa accadrà, invece, a un giovane neoassunto di 25-30 anni che, per ipotesi, proprio giovedì prossimo inizierà la sua carriera lavorativa? Che cosa lo aspetta nel 2050, quando – dopo 40 anni di attività – sarà nella medesima condizione in cui si trova chi oggi accede al pensionamento?

La buona notizia è che questo giovane potrà dormire sonni (relativamente) tranquilli. Almeno stando alle ultime stime del ministero dell'Economia sulle tendenze di medio-lungo periodo della previdenza – aggiornate agli andamenti demografici e macroeconomici del 2009 – che dicono che il sistema gode di una salute accettabile, nonostante la crisi. Certo, molto dipenderà dalla crescita economica, ma ipotizzando incrementi nell'ordine dell'1-1,5% l'anno, la spesa dovrebbe muoversi su livelli sostenibili (tra il 14 e il 15%).

Tutto bene, quindi? Non esattamente. Perché, in agguato, c'è anche la cattiva notizia: quando questo giovane avrà compiuto 65 anni e andrà in pensione con 40 anni di contributi, il tasso di sostituzione della previdenza obbligatoria – ossia il rapporto tra l'ultima retribuzione e la prima rata della sua pensione – sarà di poco superiore al 60%, che diventerà circa il 70% netto.
In pratica, da qui al 2050, sempre secondo i calcoli aggiornati della Ragioneria dello Stato, le pensioni tenderanno a ridursi fino a punte del 30% rispetto ai livelli attuali. Con una doppia considerazione: da un lato che queste semplici simulazioni riguardano un lavoratore "teorico" che mantiene stabilmente l'occupazione a tempo indeterminato per 40 anni e non considerano eventuali periodi non coperti da contributi o coperti solo parzialmente. Dall'altro, che – in ogni caso – si dovrà prima o poi affrontare il problema della "tenuta" nel tempo del potere d'acquisto delle pensioni, oggi spesso garantito da tassi di sostituzione molto elevati, impensabili per il futuro.

Situazione critica anche per i lavoratori autonomi. In questo caso (l'ipotesi è sempre quella di un'anzianità contributiva di 35 o 40 anni e un'età di 63-65 anni) il tasso di sostituzione netto scenderà via via dall'attuale 90% al 45-50% del 2050.
Questi risultati sono il mix di diversi fattori. Per prima cosa, c'è il metodo di calcolo della pensione interamente contributivo, ma anche – anzi soprattutto – l'applicazione dei nuovi coefficienti che vengono utilizzati per trasformare in rendita il capitale via via accumulato durante la vita lavorativa.

Le previsioni, naturalmente, dipendono da molte variabili, tra cui pesa l'andamento della carriera: secondo la Ragioneria, ad esempio, dinamiche retributive "veloci" subiscono una flessione più marcata del tasso di sostituzione (quindi, più lo stipendio cresce, più si amplia il gap con la pensione). Decisiva sarà, poi, l'età al pensionamento. Si prenda il lavoratore dipendente che raggiunge i 35 anni di contribuzione a 65 anni di età piuttosto che a 60: la riduzione dell'importo medio della pensione, rispetto al 2010, avrà un taglio del 20% nel primo caso, e di oltre il 30 nel secondo.

Proprio per questi motivi diventano cruciali le successive elaborazioni del ministero dell'Economia. E cioè quelle che mostrano come solo la combinazione tra previdenza obbligatoria e previdenza integrativa potrà ridurre l'enorme divario tra ultima retribuzione e prima rata di pensione. Se il giovane neo assunto del nostro esempio scegliesse di versare il proprio Tfr al fondo pensione, nel 2050, al momento del pensionamento, sulla base delle ipotesi della Ragioneria, avrebbe un assegno complessivo (pensione obbligatoria + integrativa) vicino all'80-85% dell'ultimo stipendio. L'ennesima conferma di come quello dei fondi sia il vero snodo della previdenza che verrà.

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29 marzo 2010
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